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lunedì 28 febbraio 2011

Necessita' Vs Avidita'....meditate gente...meditate....


Necessità vs. avidità


NEW YORK – Una delle frasi più note del grande leader morale dell’India, Mohandas Gandhi, suona così: «La Terra produce abbastanza per soddisfare i bisogni di ognuno, ma non per soddisfare l’avidità di tutti». È un’affermazione che oggigiorno non potrebbe essere più attuale.

Il mondo sta sfruttando le proprie risorse senza limiti. E i risultati sono ogni giorno davanti agli occhi di tutti: alluvioni catastrofiche, periodi di siccità e tempeste, nonché la conseguente impennata dei prezzi sul mercato. Il nostro destino ora dipende solo da noi, dobbiamo decidere se collaborare o rimanere vittime dell’effetto boomerang della nostra avidità.

I limiti dell’economia globale sono nuovi e derivano dalle straordinarie dimensioni della popolazione mondiale e dalla sorprendente diversificazione di crescita economica registrata in quasi tutto il mondo. Ora vivono sulla Terra sette miliardi di persone, rispetto ad appena tre miliardi circa mezzo secolo fa. Oggi, il reddito medio pro capite è 10.000 dollari, con una media di circa 40.000 dollari per il mondo ricco e di circa 4.000 dollari per il mondo in via di sviluppo. Ciò significa che l’economia mondiale ora produce all’incirca 70mila miliardi di dollari all’anno, rispetto ai 10mila miliardi di dollari del 1960.

L’economia cinese sta crescendo a una velocità del 10% annuo, e l’India non è da meno. L’Africa, da sempre nota come la regione più arretrata del mondo, sta registrando una crescita media annua del Pil intorno al 5%. Nel complesso, i paesi in via di sviluppo stanno crescendo a un tasso del 7% annuo, mentre le economie sviluppate a un tasso del 2%, raggiungendo così una media globale del 4,5%.

Questa è una buona notizia sotto molti aspetti. La rapida crescita economica dei paesi in via di sviluppo contribuisce ad alleviare la povertà. In Cina, ad esempio, la povertà estrema si è ridotta passando da oltre la metà della popolazione 30 anni fa a circa il 10% di oggi.

Tuttavia, dobbiamo comprendere bene anche un altro aspetto della storia sulla crescita globale. Con un tasso di crescita pari al 4-5% annuo, l’economia mondiale raddoppierà le proprie dimensioni in meno di 20 anni. Gli attuali 70mila miliardi di dollari diventeranno 140mila miliardi prima del 2030, e 280mila miliardi prima del 2050, calcolati in base al tasso di crescita odierno.

Il nostro pianeta non riuscirà a sostenere fisicamente questa crescita economica esponenziale se lasceremo che l’avidità la faccia da padrona. Il peso dell’economia mondiale sta già distruggendo la natura, esaurendo rapidamente le scorte energetiche di carburanti fossili che la natura ha creato in milioni di anni, mentre i conseguenti cambiamenti climatici hanno provocato una forte instabilità in termini di precipitazioni piovose, temperature e violente tempeste.

Sono queste le pressioni a cui assistiamo ogni giorno sul mercato. Il prezzo del petrolio ha raggiunto il livello record di oltre 100 dollari a barile, mentre Cina, India e altri paesi importatori di petrolio si uniscono agli Stati Uniti nella corsa tesa al rastrellamento di scorte, acquistandole soprattutto dal Medio Oriente. Anche i prezzi dei prodotti alimentari sono ai loro massimi storici, incrementando la povertà e scatenando rivolte.

Da un lato, ci sono più bocche da sfamare, che in media contano su un maggiore potere di acquisto. Dall’altro, le ondate di caldo, i periodi di siccità, le inondazioni e altri disastri naturali indotti dai cambiamenti climatici stanno distruggendo le coltivazioni e riducendo le scorte di cereali nei mercati mondiali. Dopo la siccità che ha colpito negli ultimi mesi Russia e Ucraina e le violente alluvioni in Brasile e in Australia, ora la siccità minaccia il raccolto di cereali nella Cina settentrionale.

Ma c’è anche qualcosa che si nasconde e che è molto pericoloso. Nelle zone più popolose del mondo, incluse le regioni produttrici di cereali dell’India settentrionale, della Cina settentrionale e del Midwest americano, i coltivatori stanno sfruttando le acque freatiche per irrigare i terreni. Le grandi falde acquifere che forniscono acqua per l’irrigazione si stanno esaurendo. In alcune zone dell’India, il livello freatico è diminuito di parecchi metri negli ultimi anni. Alcuni pozzi profondi stanno raggiungendo il punto di esaurimento, con la salinità destinata a crescere dal momento che l’acqua oceanica si sta infiltrando nella falda acquifera.

A questo punto, una catastrofe sarà inevitabile, a meno che non cambieremo atteggiamento. Ed ecco le parole di Gandhi. Se le nostre società saranno guidate dal principio dell’avidità, con i ricchi che faranno di tutto per diventare ancora più ricchi, la crescente crisi delle risorse porterà a un divario sempre più ampio tra ricchi e poveri – e probabilmente a una lotta sempre più violenta per la sopravvivenza.

I ricchi cercheranno di utilizzare il proprio potere per impossessarsi sempre più di terra, acqua ed energia, e molti useranno anche mezzi violenti per farlo, qualora necessario. Gli Stati Uniti hanno già seguito una strategia di militarizzazione in Medio Oriente nell’ingenua speranza che un tale approccio potesse garantire la sicurezza delle fonti di approvvigionamento energetico. Ora la competizione per tali scorte si sta intensificando, dal momento che Cina, India e altri paesi competono per le stesse risorse (in esaurimento).

Anche l’Africa è scenario di una presa di potere analoga. I prezzi dei prodotti alimentari alle stelle stanno innescando una corsa alla terra africana, dal momento che i potenti politici vendono agli investitori esteri ampi terreni agricoli, ignorando i tradizionali diritti terrieri dei piccoli e poveri proprietari terreni. Gli investitori esteri sperano di utilizzare ampie aziende agricole meccanizzate per una produzione finalizzata all’export, lasciando poco o nulla alle popolazioni locali.
Ovunque nei paesi leader – inclusi Usa, Regno Unito, Cina e India – i ricchi godono di redditi elevati e di un crescente potere politico. L’economia americana è trainata dai miliardari, dal settore petrolifero e da altri settori chiave. Gli stessi trend minacciano le economie emergenti, dove ricchezza e corruzione sono in aumento.

Se a prevalere sarà l’avidità, il motore della crescita economica darà fondo alle nostre risorse, abbandonerà al proprio destino i poveri e ci spingerà in una profonda crisi economica, politica e sociale. L’alternativa è la strada della cooperazione politica e sociale, sia all’interno dei singoli paesi che a livello internazionale. Ci saranno risorse e prosperità a sufficienza per tutti se le economie passeranno alle fonti di energia rinnovabile, a pratiche agricole sostenibili e a una ragionevole tassazione delle classi agiate. Questa è la strada che conduce a una condivisione della prosperità, perseguibile con un incremento delle tecnologie, con la correttezza politica e la consapevolezza morale.

di Jeffrey D. Sachs

Jeffrey D. Sachs è professore di economia e direttore dell’Earth Institute presso la Columbia University. È anche consigliere speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite sugli obiettivi di sviluppo del millennio.

Copyright: Project Syndicate, 2011.www.project-syndicate.orgTraduzione di Simona Polverino

Tratto dal ilsole24ore on line del 28 febbraio 2011.

domenica 27 febbraio 2011

USA sempre avanti a tutti.....poi...se lo dice il medico...



>Sarà venduta solo a chi dispone del certificato di un dottore

Sacramento: aperto il primo supermercato della cannabis
In California l'uso medico della marijuana è legale


MILANO - L'hanno ribattezzato «il Wal-Mart dell'erba», perché è il più grande rivenditore di prodotti collegati alla cannabis. Sabato scorso a Sacramento, California, è stato inaugurato un punto vendita della catena in franchising WeGrow di oltre 10 mila metri quadrati dove è possibile acquistare tutto quello che serve per coltivare in casa una pianta di marijuana. L'emporio non vende direttamente droga, ma permette ai clienti di apprendere le tecniche di coltivazione e di acquistare quei prodotti naturali e artificiali che aiutano a far crescere rapidamente le piante di marijuana. Queste ultime sono presenti nel negozio, ma possono essere solo «ammirate» dai clienti.

USO MEDICO - In California l'uso medico della marijuana è legale, mentre continua a essere vietato l'uso «ricreativo» della sostanza. Secondo i gestori di WeGrow, che definiscono il loro negozio «il primo vero punto vendita idroponico», i loro potenziali clienti sono solo coloro che hanno un certificato medico che attesta l'uso terapeutico della sostanza e che quindi potrebbero, secondo la legge, coltivare una pianta d’erba in casa. I prezzi di alcuni prodotti venduti nel negozio non sono affatto economici. Ad esempio alcune potenti lampade e diversi additivi dai nomi curiosi come Piranha e Tarantula costano più di 300 dollari. Nel negozio di Sacramento sono organizzati anche corsi di coltivazione per chi vuole imparare tutti i segreti della marijuana e diversi esperti offrono importanti consigli sui metodi più semplici per far crescere le piante. Inoltre nell'emporio un'intera area sarà dedicata alla vendita di vestiti su cui è stampato il famoso simbolo della cannabis. Ci sarà anche un medico che ascolterà i clienti e indicherà a questi ultimi il miglior uso terapeutico della cannabis. WeGrow non sarà l'unico negozio della catena: «iGrow», un deposito di prodotti collegati alla marijuana è stato aperto già l'anno scorso a Oakland, mentre nei prossimi mesi nuovi punti vendita saranno inaugurati in Arizona, Colorado, New Jersey e Oregon.

IMPATTO ECONOMICO - Mike Garcia, portavoce di WeGrow dichiara al sito web del network televisivo Cbs, che l’attività avrà un forte impatto sull'economia della città e non procurerà alcun problema al quartiere: «Il nostro negozio offrirà le informazioni più dettagliate su come si coltiva la propria pianta di marijuana per uso terapeutico. Prima di aprire questo punto vendita abbiamo discusso con i residenti e nessuno ha protestato. Se i clienti non disporranno di un certificato medico i nostri consulenti non parleranno di cannabis con loro». Tuttavia non tutti i cittadini di Sacramento hanno accolto con gioia l'apertura dell'emporio: «Persone pazze e lunatiche invaderanno il nostro quartiere», ha dichiarato alla Cbs Vartan Gilian, che possiede un’attività commerciale nella zona. «Sicuramente qualcosa cambierà».

Francesco Tortora
Tratto dal Corriere.it del 27 Febbraio 2011.

venerdì 25 febbraio 2011

Donne del 21esimo secolo Flexysexual: tempi moderni???...mbhahhh...



Donne del ventunesimo secolo.

Sta con lui, bacia lei: è la donna flexisexual
È attratta dalla bellezza femminile, frequenta ragazze sexy, ma continua a preferire sessualmente gli uomini.


MILANO - Non sono bisex, ma amano baciare le ragazze. Se la prima decade del ventunesimo secolo sarà ricordata per le profonde trasformazioni nell'immagine dell'uomo (si è passati dal metrosexual - l'uomo eterosessuale, metropolitano e curatissimo nell'aspetto - all'ubersexual - virile, elegante e sicuro di sé - fino ad arrivare ai più moderni heteropolitan - uomini con un fisico da urlo e modi da bravo ragazzo) l'inizio della seconda decade di questo secolo è caratterizzata dall'emergere di una nuova figura femminile: la donna flexisexual. Come ha raccontato in un lungo articolo il sito web dell'Abc questo tipo di donna è attratta profondamente dalla bellezza femminile e ama frequentare ragazze carine e sexy. Tuttavia non è né lesbica, né bisessuale, ma continua a preferire sessualmente gli uomini.

SESSUALITÀ PIÙ FLESSIBILE - Uno studio realizzato dall'Università di Northwestern (Usa) nel lontano 2003, già preannunciava la futura nascita della donna «flessisessuale». La ricerca affermava che la figura del gentil sesso stava profondamente cambiando e con il passar degli anni la donna avrebbe sviluppato una sessualità sempre più flessibile rispetto agli uomini. La moderna flexisexual ama provocare, gioca con l'ambiguità e spesso si scambia effusioni con altre donne. È attratta dallo stile femminile e ama baciarsi pubblicamente con persone dello stesso sesso. Ciò non toglie che nel momento in cui deve scegliere un partner sessuale, si affida al maschio. Un'anticipatrice della donna flexisexual può considerarsi Madonna che per provocare nel 2003 durante gli MTV Video Music Awards bacio la più giovane Britney Spears, oppure Angelina Jolie che più volte ha confessato la sua passione per la bellezza femminile e che ha avuto anche una lunga relazione lesbo con Jenny Shimizu. Il manifesto della flessisessualità è la canzone del 2008 I kissed a girl di Kate Perry. La cantante statunitense nella canzone afferma che le feste e l'alcol accendono la voglia di provocare delle donne moderne: «Ho baciato una ragazza e mi è piaciuto il gusto del suo lucidalabbra alla ciliegia - canta la Perry - Ho baciato una ragazza solo per provare, spero che al mio ragazzo non importi».

PROVOCAZIONE E PIACERE - Non solo i ricercatori e gli psicologi, ma anche le moderne flexisexual hanno tentato di spiegare i motivi dell'avvento di questo nuovo tipo di figura femminile: «Penso che le ragazze bacino altre donne per attirare l'attenzione dei ragazzi, perché questi ultimi pensano che il bacio saffico sia sexy e seduttivo - spiega al sito della Abc la giovane Lauren DeGiorgi, laureanda in psicologia alla East Carolina University - Di solito noi siamo ubriache quando facciamo cose simili». Lisa Diamond, autrice del libro Sexual Fluidity: Understanding Women's Love and Desire («Fluidità sessuale: capire l'amore e il desiderio delle donne») afferma che oggi «vi è una crescente consapevolezza che non bisogna essere al 100% gay per avere un contatto sessuale con una persona dello stesso sesso. In passato - continua la scrittrice - qualsiasi forma di attrazione per lo stesso sesso è stata bollata automaticamente come un esempio di bisessualità o di omosessualità. Invece ora ci rendiamo conto che le donne sono molto più complesse». Esiste anche un sito web (www.flexisexual.net) che permette alle ragazze «sexy, aperte intellettualmente e desiderose di esplorare la propria sessualità» d'incontrarsi e chattare con altre donne: «Questo - recita la homepage del sito web - è il luogo da dove possono partire le donne che si sentono curiose di passioni bisessuali e di romanticismo».

Tratto dal corriere.it del 25 Febbraio 2011

lunedì 14 febbraio 2011

Basket Italiano: Coppa Italia...ovviamente SEMPRE SIENA!


Montepaschi batte Cantù e vince la Coppa Italia

MONTEPASCHI SIENA-BENNET CANTU’ 79-72 (20-12; 34-36; 58-55)


MONTEPASCHI SIENA: Zisis 16, Hairston 2, Carraretto 11, Rakovic 1, Lavrinovic 21, Kaukenas 11, Ress 2, Michelori, Udom ne, Stonerook 3, Aradori 3, Moss 9. All. Pianigiani
BENNET CANTU’: Micov 6, Ortner 4, Markoishvili 4, Leunen 16, Marconato 8, Mazzarino 11, Mian, Broggi ne, Diviach, Tabu 8, Maspero ne, Green 15. All. Trinchieri
La Montepasci batte Cantù 79-72 e si aggiudica la terza Coppa Italia consecutiva.

Partita combattutissima fin dall’inizio, con la Montepaschi che apre le marcature con il lay up di Carraretto. Cantù risponde con un break di 6-0, ma Siena resta incollata e metà periodo il punteggio è 6-8. I biancoverdi difendono forte e costruiscono con pazienza in attacco. Un gioco da tre punti di Lavrinovic vale il sorpasso (11-10) anche se il lituano non riesce a realizzare l’aggiuntivo. Zisis allunga dalla lunetta sul +3. Markoishvili riavvicina i suoi, ma i lituani senesi vanno portano Siena a +7 (19-12). Ress allunga dalla lunetta e il primo periodo si chiude sul 20-12 per la Montepaschi.

Subito 4-0 per la Bennet nella seconda frazione, ma Hairston chiude il break. Tabu e Mazzarino trovano le triple del pareggio (22-22 a 7’26”). Kaukenas e Zisis ritrovano il vantaggio senese, ma l’argentino e Marconato riportano avanti Cantù (26-27 a metà periodo). La Bennet va a +5. Aradori accorcia dalla lunetta con un libero, Carraretto riporta Siena a -2 con una tripla e Ress mette un altro piccolo tassello per il 30-31 a 1’26”. Leunen trova la tripla del nuovo +4. Lavrinovic avvicina Siena, ma Markoishvili ripristina le distanze. Moss dalla linea della carità segna per il 34-36 che manda le squadre negli spogliatoi.
Leunen dai 6,75 piazza la tripla, ma per Siena risponde Lavrinovic che poi si guadagna i tre tiri liberi per il fallo di Ortner che valgono il sorpasso mensanino. All’azione successiva Mazzarino non sbaglia la bomba. David Moss fa suo un gioco da tre punti per il 43-42. Dopo 4’ dalla rimessa a centro campo la Montepaschi guida il match di tre lunghezze (47-44). Stonerook e Moss allungano sul 52-44. Leunen chiude il break senese, ma Carraretto non sbaglia né l’arresto e tiro né la tripla. Cantù non molla e si riavvicina a -3, sul 58-55 che chiude la terza frazione.
Green segna per il -1, ma la Montepaschi costruisce un 7-0 che vale il 65-57. Lavrinovic porta il vantaggio senese in doppia cifra,ma Cantù recupera e torna -3 (68-65). Il lungo lituano chiude il break in lay up. Zisis trova la tripla a 58” dalla fine per il 73-65. Kaukenas segna il +10 in contropiede. Green dalla lunetta non sbaglia un colpo e mette tre liberi. Moss risponde con due. Ortner segna da sotto. Kaukenas mette due liberi. Green chiude il match ma è Siena a vincere il match 79-72 e ad aggiudicarsi la terza Coppa Italia consecutiva.

Tratto dal sito www.menssanabasket.it

martedì 8 febbraio 2011

To Be LADY: è proprio un altro mondo......



È un tipo di rapporto che mette meno «pressione»
Per le donne un pranzo con le amiche
è meglio di una notte di passione
In un incontro fra amiche viene rilasciato lo stesso ormone legato all’orgasmo: l’ossitocina


MILANO - Volete mettere un pranzo con le amiche a una notte di passione? Vi sembrerà strano, ma per le donne non c’è proprio partita: indiscutibilmente meglio il primo della seconda e la motivazione sarebbe addirittura scientifica. È stato, infatti, dimostrato dagli scienziati di un’università californiana che, durante un incontro fra amiche, viene rilasciato lo stesso ormone legato all’orgasmo, ovvero l’ossitocina. Non a caso, l’effetto viene chiamato «Sex and the City», dal nome della popolare serie tv che ruota, appunto, attorno alla vita di quattro amiche che, manco a dirlo, sostengono che sia «peccato mortale» dare la priorità a un uomo rispetto a una di loro (vedi Carrie Bradshaw in un episodio della serie).

RELAZIONI - «Se vai a pranzo con le tue amiche, ti senti rilassata, sicura e felice», ha spiegato al Daily Mail la sessuologa inglese Simone Bienne, «esattamente come quando si ha un orgasmo. Le donne non sentono il bisogno di avere una relazione, perché l’amicizia rende il loro status di single molto più divertente». Andando a guardare le statistiche del Regno Unito, meno della metà delle donne al di sotto dei 35 anni vive con un partner. Una condizione che, a detta dello psicologo comportamentale Jo Hemming, sarebbe in netto aumento e che spingerebbe le donne a dare sempre più spazio ai rapporti di amicizia forti e duraturi, ai quali difficilmente sono disposte a rinunciare.

MENO PRESSIONE - «Non è che le donne preferiscano le amiche agli uomini, è solo che si sentono messe meno sotto pressione». E questa voglia di singletudine parrebbe confermata anche da un recente sondaggio della scorsa settimana, eseguito dall’americana Match, secondo il quale la popolazione femminile sarebbe sempre più restia a rinunciare alla propria libertà, tanto che il 35% delle intervistate ha messo al primo posto la presenza delle amiche nella loro vita come il fattore più importante, a differenza del 23% degli uomini. «Le donne stanno cominciando a capire che non hanno bisogno di un uomo per essere felici», è la teoria di Francine Kaye, autrice di The Divorce Doctor. «Non a caso vivono una piena vita sociale con le loro amiche e sanno che possono buttarsi su un uomo quando vogliono. Negli anni Cinquanta, ma anche nei Sessanta e Settanta, le casalinghe erano molto più orientate verso la famiglia, mentre ora si dà molta più importanza al rapporto di amicizia, che rende meno disperata la ricerca di un uomo».

Simona Marchetti

Tratto dal corriere.it del 08 febbraio 2011

Demanio Marittimo: solita confusione all'italiana.....



Demanio marittimo, il ministro Fitto vola a Bruxelles

Appello di Confindustria nautica. Il titolare del dicastero per i Rapporti con le Regioni intende verificare con la Commissione Ue gli spazi di manovra dell’Italia. Il presidente di Ucina: "Individuare norme minime comuni per dare un quadro di riferimento al settore". Secondo l’ultimo rapporto Censis per ogni quattro barche ormeggiate si genera un posto di lavoro

Secondo l’Osservatorio Nauti­co Nazionale l’indotto generato dalle sole barche stanziali (esclu­so il transito), nei marina turistici (circa il 25% del totale dei posti bar­ca italiani) ogni anno ammonta a 1,200 miliardi di euro. Includen­do gli ormeggi gestiti nei porti e darsene pubbliche, quelli alle foci dei fiumi, i circoli privati, i club ve­lici e Leghe Navali, l’indotto com­plessivo stimato è di 4 miliardi.

Il rilancio della nautica e lo sviluppo delle economie costiere passano inevitabilmente da queste struttu­re demaniali, ora di competenza regionale. Secondo il Censis, infat­ti, ogni quattro barche si genera un posto di lavoro nell’indotto e qualunque studio economico di­mostra come i beni demaniali ma­rittimi destinati alla nautica da di­porto offrano il miglior moltiplica­tore dell’occupazione. Eppure proprio queste strutture rischiano di rimanere stritolate dalla concomitanza di una serie di circostanze che vanno dall’ultima Finanziaria del governo Prodi alle nuove norme Ue sulle procedure di rilascio delle concessioni, pas­sando per la perversa filosofia che vuole i porti assimilabili agli stabi­limenti balneari.

Attualmente por­ti e approdi turistici soffrono del­l’aumento indiscriminato dei ca­noni demaniali - fino a 10 volte ­fissato dalla Finanziaria 2007 e ap­plicato anche alle concessioni in corso, facendo saltare i business plan delle imprese. La situazione è aggravata dal fat­to che il trasferimento della com­petenza sul demanio alle Regioni è avvenuta in assenza di norme quadro, l’indicazione di requisiti minimi comuni o quanto meno di un coordinamento fra le Regioni stesse. Va tenuto presente, infatti, che ci sono delle condizioni neces­sari­e al di sotto delle quali l’investi­mento in strutture portuali non viene remunerato; se le concessio­ni vengono rilasciate al di sotto di alcuni parametri minimi rischia­no di richiamare solo operazioni di dubbia liceità.

Viceversa la forte disparità di trattamento attuata dalle Regioni - in ordine alla dura­ta della concessione - finisce per attirare i capitali laddove c’è remu­nerazione e non dove c’è grande domanda di posti barca. «Per questo –dice Anton France­sco Albertoni, presidente di Ucina-Confindustria Nautica- è necessa­rio individuare con governo e Re­gioni norme minime comuni che consentano di dare un quadro di riferimento al settore». Di qui un forte appello al ministro Raffaele Fitto affinché, dopo l’importante lavoro di mediazione portato avanti a favore degli stabilimenti balneari, convochi al più presto un tavolo per adottare un’intesa Stato-regioni anche in tema di por­­tualità: «L’intesa che la conferen­za Stato-Regioni si appresta ad adottare in materia di concessioni balneari contiene in questo senso alcuni principi di indubbio inte­resse - aggiunge Albertoni- ma bi­sogna stabilire chiaramente che non ha ad oggetto le strutture por­tuali di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 1 del Dpr 2 dicembre 1997 n. 509 (il c.d. decreto Burlando) per evitare strumentalizzazioni in fase appli­cativa o giurisprudenziale». Ma questo è solo uno dei nodi che affliggono i porti. Sia il ddl di riforma della legge 84/94, sia il ddl semplificazione (Brunetta-Calde­roli) contengono una norma quan­to mai necessaria di cui Ucina-Confindustria Nautica chiede la rapida adozione (i pontili galleg­gianti dedicati al diporto non ne­cessitano di ulteriori titoli abilitati­vi edilizi oltre alla concessione de­maniale. E dimostrato, tra l’altro, che la riconversione dei porti com­merciali dismessi o sotto utilizza­ti, ha rappresentato la rinascita di porzioni di centri storici di diverse città costiere, ma anche delle loro economie, come testimoniano i casi di Barcellona e Genova. Infine, ma non meno importan­­te, c’è il tema dei porti a secco (dry storage).

Come dimostrato dalle esperienze ultradecennali ameri­cane e francesi, la dislocazione a terra delle piccole unità, da movi­mentarsi in pochi minuti con ido­nei dispositivi- anche con control­lo remoto- libera specchi d’acqua per destinarli a una nautica mag­giore, di grande redditività per il territorio, coniuga la richiesta di posti barca con esigenze di tutela ambientale e di preservazione del­­le coste, supporta la nautica socia­le offrendo servizi a minor costo. Ieri il ministro Fitto era a Bruxel­les per per verificare in sede Ue­quali sono gli spazi di manovra per meglio affrontare il tema delle concessioni demaniali.

Tratto da il Giornale on line - Giornale di bordo - del 07 febbraio 2011.