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martedì 31 agosto 2010

L'Italia e il "mestiere più vecchio del mondo": come sempre siamo indietro MOOOLTO indietro....



La soluzione è già adottata con successo in olanda e germania

A Zurigo arrivano i "box del sesso"
per non disturbare i vicini

Si tratta di pannelli che garantiscono alle prostitute
di svolgere la loro attività nella massima privacy.


MILANO - A prima vista questi particolari box pensati per i quartieri a luci rosse hanno tutta l'aria di essere dei comuni autolavaggi self-service. L'unica differenza: dopo aver fruito del servizio l'auto rimarrà sporca, il cliente al contrario sarà più che appagato. In Svizzera, a Zurigo, dove negli ultimi tempi la prostituzione sembra sia diventata incontrollabile, i funzionari di polizia intendono installare una serie di "box del sesso", dei posteggi discreti, protetti da pannelli alti un paio di metri, che garantiscono alle prostitute di svolgere la loro attività nella massima privacy e senza disturbare i vicini. Un'idea già attuata con successo in Olanda e in Germania.

MODELLO OLANDESE - La città di Zurigo è alla ricerca di nuove soluzioni per contenere il fenomeno della prostituzione di strada, oramai fuori controllo, riferisce il quotidiano Blick. Soprattutto dopo i numerosi reclami arrivati alle autorità dai residenti che abitano nei pressi del quartiere a luci rosse, sempre più esasperati dallo spettacolo indecoroso e dal baccano che questi incontri provocano. Per far fronte a questo problema il nuovo responsabile del dicastero di polizia zurighese, Daniel Leupi, ha in mente il cosidetto «modello di Utrecht»: una serie di «garage del sesso» per far sparire almeno dalla vista le numerose prostitute che ad ogni ora del giorno e della notte offrono le loro prestazioni a cielo aperto. Si tratta di box in legno o metallo all'interno dei quali i clienti possono accedere direttamente in auto, ottenendo così anche la possibilità di avere a disposizione un posto discreto dove appartarsi. La stessa idea è stata adottata in precedenza dall'Olanda e successivamente dalle città tedesche di Essen e Colonia. I tedeschi oltretutto hanno provveduto a sistemare vicino ai box dei distributori automatici di preservativi e persino una caffetteria con snack-bar. Per installare dieci box l'amministrazione di Essen ha dovuto sborsare circa 400.000 euro.

FENOMENO - «La situazione è insostenibile», ha sottolineato il portavoce della polizia di Zurigo, Reto Casanova (si chiama proprio così), riferendosi soprattutto ai marciapiedi del quartiere Sihlquai, presi d'assalto da giovani rumene e ungheresi. «Non possiamo eliminare la prostituzione per cui dobbiamo imparare a tenerla sotto controllo», ha aggiunto. E questi box dell'amore serviranno proprio ad evitare che le numerose prostitute possano creare disagio alla popolazione. In Svizzera la prostituzione non è illegale, la polizia non può quindi intervenire contro le prostitute, fatta eccezione nei casi in cui vengono riscontrati reati come la tratta di essere umani.

Elmar Burchia
31 agosto 2010
Tratto dal Corriere della sera on line.

domenica 29 agosto 2010

Storie d'Italia:cose avanti......



LA STORIA

Il rifugio della marchesa
L'isola dei festini proibiti
Nella villa di Zannone, tra i ricordi dei Casati Stampa



SAN FELICE CIRCEO (Latina) — Quando quella foto della marchesa Anna, scattata sull'esclusiva isola di Zannone, fece il giro dei quotidiani e dei settimanali, la soglia del comune senso del pudore ebbe un abbassamento verticale. Gli italiani, che a dicembre avrebbero vista approvata la legge sul divorzio, non si erano ancora riavuti dallo choc per l'arresto di Walter Chiari, incarcerato ingiustamente per tre mesi con l'accusa di uso di cocaina, che subito dovettero familiarizzare con una storia di libertà sessuale spinta agli estremi: un discendente delle più antiche famiglie lombarde, titolare di uno dei maggiori patrimoni, organizzava orge con la seconda moglie, Anna Fallarino, ex modella e soubrette di modeste origini beneventane, che aveva recitato per pochi secondi accanto ad Antonio De Curtis, in «Totò Tarzan».

Il marchese Camillo, Camillino per gli amici, Casati Stampa di Soncino, provava il massimo piacere a vedere la consorte unirsi in amplesso con altri uomini, mentre lui fotografava. Un ménage culminato, esattamente quarant'anni fa, nel duplice omicidio e suicidio nel superattico di via Puccini a Roma, quando Camillo uccise a fucilate, con un Browning calibro 12 caricato a pallettoni, la moglie e il giovane Massimo Minorenti, studente iscritto a scienze politiche senza molto profitto, militante del Msi, che si vantava di aver avuto una relazione con la pantera nera della tv, Lola Falana, e che agli occhi del marchese aveva la colpa di essersi ribellato al ruolo di marionetta innamorandosi della bella Anna. Poche ore dopo che Camillo Casati Stampa aveva fatto fuoco sulla moglie e sul giovane amante e che si era ucciso con un altro colpo di fucile, la sera del 30 agosto 1970, dai cassetti emersero 1.500 foto che documentavano gli audaci costumi sessuali e un diario, rilegato in pelle verde, in cui il marchese annotava nomi, circostanze, luoghi, prestazioni, sensazioni, prezzo pagato a soldati, marinai, studenti, camerieri per farli giacere con Anna.

Uno dei luoghi degli incontri era la villa di Zannone, l'isola nell'arcipelago del Circeo, diciotto miglia marine a Sud del porto di San Felice, che dal 1979 è inserita nel Parco Nazionale del Circeo e che dagli anni Venti era stata data in concessione alla famiglia Casati come riserva di caccia. Camillino si vantava di tener lontano i turisti a suon di fucilate, oggi l'isola disabitata è visitabile di giorno, ma il pernottamento è vietato. Vi siamo arrivati scortati da una comitiva di naturalisti con il presidente dell'ente parco, Gaetano Benedetto, Enrico Romito, ricercatore della Pangea, e l'ispettore della Forestale Ignaz Reichegger, conoscitore di ogni angolo degli oltre cento ettari dell'isola in cui la natura regala emozioni fortissime, perché è una delle piattaforme preferite dagli uccelli migratori prima di riprendere la loro lunga corsa, ma anche perché ogni sasso sembra ancora grondare di una storia dolorosa e torbida.

Doppiato Capo Negro, dove accanto al vecchio faro accorrono due mufloni, si attracca nella località Varo, vicino alla pescheria romana dove la bella Anna Fallarino in Casati Stampa si fece riprendere dal marchese in quella posa discinta, simbolo del rinnovato mito della maga Circe mangiatrice di uomini. Un sentiero scavato nella roccia dai monaci benedettini che coraggiosi si insediarono a Zannone nel VI secolo dopo Cristo, costeggiato da piante di mirto, lentisco, erica, cisti, fillirea, corbezzolo, ginestra, lavandula, euforbia arborea, conduce in una sinfonia di profumi all'abbazia benedettina, o meglio alla villa che i Casati vi hanno costruito sopra. Una dozzina di stanze di un edificio su due piani che dalla sommità di questo grande scoglio domina il mare. I due terrazzi offrono una vista mozzafiato sulle isole vicine, Ponza e Palmarola. L'edificio di due piani, utilizzato sino a due anni fa dalle guardie forestali, ma ora inagibile, è rimasto sostanzialmente quello abitato da Camillino Casati e Anna Fallarino: al pian terreno un terrazzo, un enorme soggiorno e una grande cucina, costruita sopra una delle cisterne che i benedettini avevano scavato per la raccolta dell'acqua piovana. Al secondo piano cui si accede attraverso una scala di ardesia con civettuola ringhierina nera e rossa le stanze da letto che danno su una grande loggia. Alcune stanze sono comunicanti: testimoni raccontano che al posto delle porte ci fossero enormi falsi specchi da cui i marchesi potevano vedere gli amplessi degli ospiti.

Di certo in quella villa si amoreggiava e soprattutto di beveva molto e bene: Ignaz Reichegger racconta che con i suoi collaboratori durante un'opera di bonifica ha raccolto trenta metri cubi di cocci di bottiglie, quasi tutti d'origine francese. Attraversando un sentiero ombroso che conduce al faro e a una spiaggia, ogni angolo è un invito alla sosta. Difficile dire dove Mariateresa Fiumanò, cugina e confidente di Anna Fallarino che ha scritto il libro «La marchesa Casati» (edizioni Anordest), vide le quattro coppie di scambisti che la indussero scandalizzata a fuggire dall'isola il 15 agosto 1970, pochi giorni prima della tragedia. Ora il problema che si pone all'ente parco è come sfruttare questo patrimonio unico. L'idea del presidente Benedetto è di ristrutturare la villa e farne un rifugio aperto come quelli di alta montagna. Occorrono non meno di 1,6 milioni. Forse troppi di questi tempi.

Dino Messina
Tratto dal Corriere della Sera on line 29 Agosto 2010.

venerdì 27 agosto 2010

Briatore pensiero sulla NAUTICA: letto, approvato e SOTTOSCRITTO!


"

Che cosa farei se fossi ministro del Turismo"

Il Briatore-pensiero dopo la tempesta. "Noi dovremmo essere la bandiera per eccellenza, invece vanno di moda Cayman e Malta... Basta parlare, è tempo di fare. Occorrono programmi per i prosimi 50 anni. O sarà la fine"


Signor Briatore, dopo gli ulti­mi «arrembaggi» fiscali agli yacht di Massimo Boldi e Vasco Rossi, nei porti francesi si pasteg­gia a caviale e champagne - e questo è di prassi - , ma anche in quelli croati e del Montenegro. Ovunque arrivino le flotte dei di­portisti spaventati dai controlli italiani.

«I controlli andrebbero fatti quan­do le barche sono in porto, dico gen­naio, febbraio, marzo, aprile... le barche mica volano. Non c’è moti­vo di spettacolarizzare sempre i controlli».

Perché lo fanno?

«Non lo so. Non ne ho idea. Il pro­blema è che la spettacolarizzazione ha spaventato molta gente».

Risultato?

«Ora in Francia non riesci a butta­re un­’àncora perché c’è sovraffolla­mento di barche, in Italia c’è il vuo­to. Siamo in pieno agosto, sono a Ca­la di Volpe, ci saranno otto... forse dieci imbarcazioni».
Un danno enorme per il turi­smo e per l’indotto.

«Credo sia molto, molto, molto superiore a quanto in effetti si cerca di recuperare».
Alcune stime fissano in un mi­liardo di euro la perdita del comparto da quando è scoppia­to, con il suo «Force Blue», il ca­so charter.

«A controllare i charter sono cin­que grandi società e so per certo che tutte hanno sconsigliato ai char­teristi di venire in Italia. Questo è un danno enorme e non solo per i por­ti. Per l’indotto: ristoranti, negozi, shopping, taxi. Ad oggi, ho moltissi­mi amici che dovevano venire qui in Sardegna e sono in Croazia, sono a Saint Tropez, sono tutti stati scon­sigliati dal venire in Italia».

Una ricetta?

«Credo che l’Italia dovrebbe agi­re all’opposto: anziché fare solo re­pressione, dovrebbe investire per avere una bandiera appetibile per tutte le barche; tanto più che abbia­mo oltre 7mila km di coste. Dovrem­mo essere la bandiera per eccellen­za... Siamo il Paese con più cantieri navali al mondo, un settore che dà lavoro a migliaia di persone e con le coste che abbiamo dovrebbe esser­ci qualcuno che ci dice: “ Ok, mettia­moci a fare una seria programma­zione per i prossimi 50 anni così da costruire 150-200 porti...”. Non ne abbiamo, soprattutto al Sud».

Altrimenti?

«Non cambierà mai nulla. In fon­do siamo già l’unico Paese turistico che prima, con Soru, ha introdotto in Sardegna la tassa sul lusso man­dando via tantissima gente, e ades­so spettacolarizza i controlli fisca­li».
Si dice serva anche a sensibiliz­zare...
«Nel mondo nella nautica si sa be­ne chi fa veri charter e chi ne fa ma­­scherati».

Se lei fosse il ministro del Turi­smo?

«Cercherei di fare una legge per rendere appetibile la bandiera ita­liana rispetto a quella delle Cay­man o di Malta, poi ristrutturerei i porti, poi ne farei degli altri, l’Italia dovrebbe essere il porto d’Euro­pa... Invece di reprimere dovrem­mo investire sul futuro».
Servirebbe un tavolo con il go­verno, con il ministro del Turi­smo.
«Non bisogna parlare, bisogna fa­re. Nelle altre nazioni i ministri del Turismo sono intervenuti incorag­giando la gente ad andare nei loro Paesi».

Tratto da Il Giornale on line del 27 Agosto 2010.

martedì 24 agosto 2010

NO smoking, più SESSO: d'accordissimo al 1000%....



Smettere di fumare meglio del Viagra "Può anche raddoppiare la virilità"

Le bionde rendono impotenti. Una sigaretta tra le coperte? Meglio di no. Smettere di fumare migliora del 91,5% le performance di lui sotto le lenzuola


Hong Kong - Le bionde rendono impotenti. Una sigaretta tra le coperte? Meglio di no. Smettere di fumare migliora del 91,5% le performance di lui sotto le lenzuola.

Insomma, raddoppia la virilità. Per strappare la sigaretta dalle dita degli uomini asiatici, storicamente fra i tabagisti più accaniti del pianeta, i medici cinesi fanno leva sull’orgoglio maschile. Avvertono che, per colpa delle ’biondè, l’impotenza è sempre più diffusa nel Paese del dragone e in generale in tutto il continente. E ricordano che buttare per sempre il pacchetto cambia la vita, a cominciare da quella sessuale.

I problemi dell'Asia La disfunzione erettile maschile ha una prevalenza molto alta in Cina e nel resto dell’Asia, sottolinea Sophia Chan, professoressa dell’università di Hong Kong, che ha condotto una ricerca per dimostrare l'effetto-viagrà dell’astinenza dal fumo. L’indagine della School of Public Health and Nursing dell’ateneo è durata tre anni e ha coinvolto oltre 700 uomini 30-50enni in terapia anti-impotenza. Risultato: il 53,8% di chi smetteva di fumare riferiva un netto miglioramento della qualità di vita sessuale entro i 6 mesi successivi, contro il 28,1% dei pazienti che persistevano nel ’vizi

Tratto dal Corriere della sera on line del 24 Agosto 2010.

lunedì 23 agosto 2010

Villa Feltrinelli: speriamo in un acquirente SERIO...



ARGENTARIO

Crac Ricucci, Villa Feltrinelli va all'asta.
Lì nel 2005 il matrimonio con Anna Falchi. E' il terzo tentativo di vendita della storica dimora a Porto Santo Stefano dopo i guai giudiziari dell'imprenditore


ORBETELLO (Grosseto) – Cinque anni fa, era diventata il centro del mondo: il gazebo bianco, i fotografi appostati, il Monte Argentario dominato dall’alto. Lui era Stefano Ricucci, uno dei «furbetti del quartierino», lei Anna Falchi e lì, in quella dimora a picco sul mare di Cala Cacciarella, a Porto Santo Stefano, i due convolarono a nozze. Era il 9 luglio del 2005, prima dello scandalo che travolse l’immobiliarista romano, e Villa Feltrinelli era diventata il simbolo di quell’estate. Tanto che, per ringraziare l’Argentario, lo stesso Ricucci ci organizzò un’altra festa, con fuochi d’artificio e giochi d’acqua. Poi i guai economici e giudiziari dell’imprenditore, la separazione dalla Falchi, l’abbandono della Villa, finita all’asta. Dopo tre tentativi a vuoto, adesso ci si riprova: il Tribunale di Roma ha fissato una nuova data, per il prossimo autunno.

Si partirà da 21 milioni e 600 mila euro, per una dimora dalla storia unica e dal valore immenso. Si tratta, infatti, di una villa con 34 stanze, circondata da un parco di 35 ettari, piscina e scesa al mare dagli scogli, una torre saracena del '400, un eliporto. Ricucci la acquistò da una società offshore, con sede in Liechtenstein, per 34 milioni e 820 mila euro, poco più di un milione per stanza. La vista è mozzafiato, il posto uno dei più esclusivi della zona: lì vicino ha casa anche Cesare Previti, che col suo brigantino all’inizio di luglio ha portato all’Argentario i resti del Caravaggio.

Villa Feltrinelli, poi, ha una storia tutta sua: da queste parti le chiamano ancora così, col nome del suo primo proprietario Carlo, che la fece costruire nel ’40. Feltrinelli morì poco dopo e dal ’43 quelle stanze vennero abitate dalla vedova Giannalisa e dal marito Luigi Barzini junior, che lì si rifugiarono dai bombardamenti della guerra. Insieme a loro, i figli: Giangiacomo (si dice che lì cominciò a pensare a comunismo e rivoluzione) e Antonella Feltrinelli, e Ludina Barzini. Lì nacque anche Benedetta, secondogenita della coppia.

Sulla casa, un alone di mistero: storie di fantasmi, leggende che si inseguono. Come quella di una donna che avrebbe rinunciato all’acquisto dopo aver trovato su un letto una bambola con degli spilloni conficcati. Adesso, circolano alcune indiscrezioni sui possibili nuovi acquirenti: si parla di un magnate russo e di un gruppo immobiliare italiano che vorrebbe trasformare Villa Feltrinelli in un resort con spa. Ipotesi, quest’ultima, smentita dal sindaco di Monte Argentario, Arturo Cerulli: «Una bufala, visto che un progetto simile dovrebbe passare da noi». Le offerte pervenute, per ora, si aggirerebbero intorno ai 16 milioni di euro: meno della metà di quanto la pagò Ricucci.

Ernesto Menicucci
«Corriere della sera», edizione romana, pagina 1 e 2
23 agosto 2010

venerdì 20 agosto 2010

Cosa "non" si fà per vincere UN PALIO......



Al vaglio del pm Formisano le risultanze delle analisi svolte a Pisa e a Milano

Palio di Siena, la Procura sequestra
le analisi antidoping di otto cavalli

Tra quelli selezionabili per la gara erano stati trovati «non negativi» nei giorni precedenti alla corsa


SIENA - La Procura della Repubblica di Siena ha sequestrato le analisi antidoping che si sono tenute prima del Palio del 16 agosto. A riferirlo è l'edizione odierna de «La Nazione» e lo confermano fonti vicine all'inchiesta. I controlli sono stati effettuati in occasione delle cosiddette «previsite» che vengono svolte nei giorni precedenti alla corsa sul lotto dei cavalli considerati selezionabili per il Palio.

METODO «ELISA» - In quell'occasione otto cavalli erano stati trovati «non negativi» secondo il metodo «Elisa» usato dal laboratorio dell'Università di Pisa convenzionato col Comune di Siena, metodo che individua la presenza o meno di sostanze non consentite, senza specificarne la quantità. Le provette erano state inviate in forma non ufficiale anche all'UnireLab di Milano, che invece stabilisce la positività se viene superato il livello di certe sostanze consentito secondo gli standard dalla Federazione Equestre Internazionale. Questi secondi riscontri hanno scagionato informalmente i proprietari degli otto cavalli, che in caso di positività rischiano di non accedere al contributo comunale e di essere radiati dall'Albo.
Per la discolpa o la conferma ufficiale della positività i proprietari avevano cinque giorni di tempo dalla comunicazione delle analisi di prima istanza per chiedere le controanalisi, da svolgere a proprie spese. L'atto della procura, su disposizione del sostituto procuratore Mario Formisano, secondo quanto riporta «La Nazione», si riferisce al sequestro degli esiti delle analisi svolte sia a Pisa che a Milano.

IL SINDACO - «Siamo assolutamente tranquilli e pronti a dare la nostra completa collaborazione ed aspettiamo di conoscere le cause che hanno portato il pm Formisano a richiedere l'acquisizione di questi atti». È questo il primo commento di Maurizio Cenni, sindaco di Siena, a quanto avvenuto pochi giorni fa, quando gli uomini della polizia giudiziaria della Procura della Repubblica si sono recati all'ufficio Palio del Comune ed hanno acquisito gli atti riguardanti le analisi condotte sugli otto cavalli risultati non negativi ai test antidoping effettuati prima della Carriera dell'Assunta. «Ad oggi - prosegue il sindaco - nessuno ci ha informato quale sia l'indagine per cui sono stati acquisite queste analisi. La nostra tranquillità nasce dall'avere rispettato fino in fondo le norme previste dal Protocollo a tutela della Festa e di tutta la città. Come prevede la normativa, che anche tutti i proprietari dei cavalli hanno sottoscritto al momento della loro iscrizione all'Albo, di fronte ad una non negatività dei cavalli, gli stessi sono automaticamente esclusi dalla corsa. Questa procedura è stata appositamente studiata per tutelare al massimo la Festa. Solo il sospetto dell'uso di sostanze dopanti sui cavalli per noi è sufficiente ad escluderli dalla corsa». (fonte: Ansa)


Tratto dal Corriere della Sera on line del 19 Agosto 2010

martedì 17 agosto 2010

I furbetti del quartierino...esistono ancora????...credo proprio di si....



Furbetti der quartierino è un'espressione idiomatica, facente parte del gergo romanesco, entrata a far parte del lessico giornalistico italiano nel 2006.

Tale frase venne usata per la prima volta da Stefano Ricucci nell'estate del 2005, riferendosi alle banche estere che stavano scalando due banche italiane. Secondo Ricucci esse agivano da furbette come le bande dei quartieri di Roma. La manovra fu scoperta grazie alle intercettazioni.

L'espressione è entrata nel lessico comune con riferimento opposto: i furbetti del quartierino sono diventati Stefano Ricucci, il "Gianpy" Gianpiero Fiorani e altri (Giovanni Consorte, Danilo Coppola, Giuseppe Statuto) che sono stati colpiti da varie inchieste giudiziarie per i metodi presuntamente poco leciti con cui si apprestavano a scalare la Banca Nazionale del Lavoro (BNL), RCS e Antonveneta e per le modalità, presuntamente fraudolente, con cui avevano conseguito in modo improvviso una enorme fortuna economica di dubbia provenienza.

L'espressione sta a significare un gruppo di persone che, in maniera spavalda e arrogante ma ingenua, cerca di ottenere qualcosa, comportandosi in modo incurante nei confronti della normativa legale. Per estensione, con tale espressione il linguaggio giornalistico è venuto qualificando la consuetudine, considerata spesso tipica anche della classe politica, di comportarsi in modo doppio e poco trasparente, dissimulando così le proprie vere finalità, spesso con l'intenzione di conseguire un vantaggio personale o di parte.

sabato 7 agosto 2010

Le idee ci sono....per i soldi..ovviamente...bisogna coinvolgere gli IMPRENDITORI...



Come creare 40mila posti barca in più.

Secondo uno studio di Ucina, basterebbe razionalizzare gli spazi sottoutilizzati nei bacini commerciali esistenti. Si attiverebbero così risorse (private) per 1 miliardo di euro creando almeno 10mila posti di lavoro nell’indotto


La nautica, che secondo lo stu­dio della Fondazione Edison rappresenta la quinta forza trainante dell’export italiano, è letteralmen­te compressa sul mercato interno. E non solo dalla mancanza di infra­­strutture. Anche le differenze nor­mative, determinate dal passag­gio della competenza sulle conces­sioni demaniali alle Regioni (e da alcune di esse devoluta ai Comu­ni), rappresentano un grave limi­te.

In questo senso il cosiddetto «fe­deralismo demaniale», cioè il definitivo conferimento delle coste al­le autonomie (e dei beni su di esse ubicati), può essere la chiave di vol­ta per risolvere il gap che ci separa dagli Stati che ci fanno concorren­za nel Mediterraneo: Francia, Spa­gna, Croazia e ora Turchia, Tuni­sia, Montenegro.

L’interesse non è solo quello - legittimo - degli imprenditori che vorrebbero competere almeno al­la pari con i colleghi dei Paesi del Mediterraneo,ma quello dell’inte­ra Nazione: qualunque studio economico dimost­ra infatti come i be­ni demaniali marittimi destinati al­la nautica da diporto offrono il mi­glior moltiplicatore del reddito e dell’occupazione anche rispetto a tutti gli altri settori del cluster marittimo ( dati Censis, Bain & Co, Osservatorio Nautico Nazionale). Lo stesso schema di decreto legislati­vo sul federalismo demaniale sta­bilisce che l’ente territoriale è tenu­to a favorire «la massima valorizza­zione del bene nell’interesse della collettività». Quindi, la nautica è la soluzione.

Secondo uno studio di Ucina-Confindustria Nautica si possono ricavare 40mila posti barca sempli­cemente razionalizzando gli spazi sottoutilizzati nei bacini commer­ciali esistenti. Si tratta di attivare risorse - private - per 1 miliardo di euro e anche 10mila posti di lavo­ro nell’indotto. Il numero dei posti barca può essere ulteriormente au­mentato destinando all’ormeggio a secco una di parte dei piazzali, degli scivoli e delle strutture fronte­mare che costituiscono il dema­nio marittimo. Molti di questi beni erano già censiti dal dpcm 21 dicembre 1995, il quale elencava i beni del demanio marittimo inizialmente rimasti allo Stato in occasione del primo trasferimento di funzioni amministrative alle Regioni.

Oggi le autonomie potrebbero decide­re che una quota parte di queste strutture vadano destinate priori­tariamente all’uso nautico, recu­perando spazi a mare per la gran­de nautica e consentendo ormeg­gi a costi contenuti per la nautica sociale. In America si fa da 30 an­ni... Il trasferimento alle autono­mie, infine, può essere l’occasione per definire la la spinosa questio­ne dei canoni demaniali, che la Fi­nanziaria 2007 moltiplicò fino a 10 volte. Allora, con un evidente erro­re concettuale, fors’anche ideolo­gico, i porti furono assimilati agli stabilimenti balneari, i cui costi di realizzazione sono evidentemen­te ben diversi.

Questo ha in parte bloccato gli in­vestimenti, senza portare un euro nelle casse dello Stato perché tutte le imprese hanno fatto ricorso. In­fatti, secondo Ucina, gli aumenti hanno riguardato - fatto illegitti­mo- i contratti in essere e non solo quelli a venire. L’aumento, infatti, si abbatte retroattivamente sulle opere già realizzate, facendo salta­re i business plan. Anche per que­sto i ricorsi cominciano a trovare accoglimento. Inoltre il nuovo meccanismo in vigore dal 2007 punisce, penalizzandolo con maggio­ri oneri, chi realizza strutture più importanti, che, va ricordato, allo scadere della concessione torna­no in mano pubblica. Esattamen­te contro quella che dovrebbe esse­re una logica di incentivi rispetto a chi investe maggiormente.

Il fede­ralismo demaniale può dunque es­sere un’opportunità, ma anche un ulteriore limite. Ucina-Confindu­stria Nautica, tra l’altro,è preoccu­pata dalla modalità adottata per il trasferimento dei beni, che preve­de una parcellizzazione e anche una certa concorrenza fra Regioni, Province e Comuni. Questo è asso­lutamente controproducente e dannoso per la gestione del mare che, per sua natura, ha bisogno di un progettounitario.I n quest’ott­i­ca sarebbe bene che la Conferenza Stato-Regioni trovi «regole mini­me » che valgano per tutte le auto­nomie, come la durata minima del­le concessioni dei porticcioli turi­stici, salvo la podestà di ciascuna di legiferare in materia.

Anton Francesco Albertoni*
* Presidente Ucina

giovedì 5 agosto 2010

Quando capita.....faccio anche il "DOMESTICO".....



Ricerca della London School of Economics

I lavori di casa? Faccenda da uomini
Si danno da fare più delle donne e si lamentano di meno


MILANO - Uomini pigri in casa? Un falso mito, scardinato da una ricerca della London School of Economics (Lse) che ha evidenziato, invece, come fra le mura domestiche i maschietti si diano da fare di più e talvolta persino meglio delle loro compagne, malgrado siano queste ultime a lamentarsi sempre di doversi dividere fra casa e ufficio, lavorando così a loro dire di più, e tendano fra l’altro a ridurre l’orario di lavoro o a lasciare del tutto la loro occupazione non appena hanno un bambino. Un comportamento che, invece, non appartiene al sesso forte che, al contrario, in caso di perdita nei guadagni, si attrezza a fare gli straordinari o i turni supplementari pur di portare a casa i soldi.

LA REALTÀ - «Questi dati rovesciano la ben radicata teoria secondo la quale le donne fatichino sproporzionatamente di più degli uomini fra casa e ufficio», ha commentato al Daily Mail la dottoressa Catherine Hakim, sociologa della Lse, «e la consueta lamentela femminista legata al fatto che gli uomini non farebbero la loro parte in casa, assumendosi la metà dei compiti, è sovvertita dalla realtà, perché gli uomini farebbero già molto di più di quello che ci si aspetterebbe da loro». Una visione che non trova, però, d’accordo Justine Roberts, co-fondatrice di Mumsnet, sito dedicato a mamme e bambini: a suo parere, infatti «sono ancora le donne che lavorano ad assumersi quasi interamente la responsabilità di mandare avanti la casa e a dedicarsi all’educazione e alla crescita dei figli».

LAVORI - Tornando allo studio inglese, analizzando i lavori retribuiti al pari di quelli non retribuiti come pure del tempo trascorso a fare volontariato e assistenza, gli esperti hanno calcolato che uomini e donne lavorerebbero una media di otto ore giornaliere, con i primi a dare un contributo in casa sensibilmente maggiore di quanto verrebbe riconosciuto loro nella realtà dalle mogli brontolone.

L’unica eccezione è rappresentata dalle coppie senza figli, in cui entrambi i partner hanno un lavoro a tempo pieno: in quel caso, infatti, sono le donne a darsi complessivamente più da fare degli uomini nelle faccende domestiche. La ricerca ha poi evidenziato come appena il 14% delle donne inglesi preferisca dedicarsi totalmente al lavoro, mentre il 69% sogni di conciliare il ruolo di casalinga con quello di lavoratrice e il restante 17% consideri la casa come il fulcro centrale della propria vita. Una scelta che, però, l’attuale governo non pare incoraggiare, come ha ribadito la dottoressa Hakim, visto che si tende a favorire di più i lavoratori full-time, ignorando le mansioni casalinghe proprio per la loro natura «non retribuita». E la ricerca londinese troverebbe il conforto anche di altri dei numeri, sotto forma del sondaggio lanciato dalla versione online del tabloid: alla domanda, infatti, se gli uomini «facciano la loro parte nei lavori domestici», il 63% dei lettori ha risposto affermativamente. Che siano tutti uomini?

Tratto dal Corriere della sera on line
Simona Marchetti
05 agosto 2010

L'Avvocato,la Juve, Boniperti, il Trap, Platini, Boniek....questo si che era CALCIO...!



Dopo un corteggiamento di quattro anni

Depistaggi e incontri top secret
Così la Juve prese Platini
La regia di Agnelli. E Boniperti al francese: «Tagliati i capelli»


Ci sono incontri che cambiano la storia. Nel febbraio ’78, a 23 anni nemmeno compiuti, Michel Platini è già il miglior giocatore di Francia. La sua squadra è il Nancy ma, quando si presenta con la Francia a Napoli, per un’amichevole contro l’Italia, tutti si accorgono che è un campione vero. Con una punizione (la sua specialità), firma il 2-2. L’Inter si muove, Sandro Mazzola, a metà primavera, ha in mano il sì del giocatore per trasferirsi a Milano. Ma gli stranieri non possono ancora venire in Italia, perché dal ’66 le frontiere sono sigillate. Ci sono indicazioni chiare che l’autarchia stia per finire, invece per la riapertura occorre attendere il 7 maggio ’80.

Nel frattempo, Platini ha avuto un bruttissimo infortunio: triplice frattura alla gamba destra. Lascia il Nancy nell’estate ’79 e va al St.Etienne, la squadra che ha ridato splendore al calcio francese. L’Inter non è più convinta della scelta: nell’80, quando tornano gli stranieri (uno per squadra) punta su un austriaco (Prohaska), mentre la Juve sceglie un irlandese, Brady. E poi il giocatore non vuole lasciare il St.Etienne dopo appena un anno. A inizio ’82, la Federcalcio italiana decide che sono maturi i tempi per aprire al doppio straniero in serie A. La Juve pensa a un polacco, Zibì Boniek, un centrocampista d’attacco che segna e fa segnare, però arrivano a Torino i segnali del desiderio di Platini, in scadenza di contratto con il St.Etienne, di trasferirsi in Italia. Un ritorno a casa visto che suo nonno, Francesco, è partito da Agrate Conturbia, provincia di Novara, per trasferirsi a Joeuf, in Lorena.

Mercoledì 23 febbraio ’82, a Parigi si gioca Francia-Italia. Gianni Agnelli telefona a Giampiero Boniperti, presidente della Juve dall’11 luglio ’71, come fa quasi ogni giorno, ma stavolta la telefonata è più breve del solito: «Stasera guardiamo insieme il match di Parigi». Boniperti raggiunge Villa Frescot, sulla collina di Torino e insieme con l’Avvocato osservano la Francia che dà una lezione di calcio agli azzurri: 2-0. Platini gioca una partita straordinaria, segna un gol, fa segnare, trascina, illumina. Agnelli, che vede il calcio soprattutto come uno spettacolo e che da anni lo considera il miglior giocatore europeo, ne resta abbagliato; Boniperti è entusiasta: «Prendiamolo, questo è il momento giusto. Un giocatore così ci farà divertire per tanti anni» dice al presidente della Juve. «Ci proviamo — è la risposta —perché la concorrenza è forte. C’è l’Arsenal che lo vuole a tutti i costi, c’è il Paris St.Germain che lo cerca. Ma ci proviamo». È l’incontro che cambia la storia della Juve degli anni Ottanta e anche quella di Platini. I giornali italiani sono in sciopero, la partita va in onda in tv senza commento, Boniperti si muove a fari spenti.

Un mese dopo, da Parigi arrivano pallidi segnali di interesse della Juve. Boniperti ha già incontrato Bernard Genestar, il manager di Platini a Parigi, dribblando anche un giornalista di Tele-foot, che qualcosa ha visto e che sospetta. Nel frattempo, la Juve si concentra sull’acquisto di Boniek, molto complicato, perché è difficile prendere un giocatore che viene dall’Est europeo, corteggiato anche dalla Roma. In più c’è una complicazione inattesa: la Federcalcio italiana taglia i tempi per l’acquisto degli stranieri. Non si chiude più a fine maggio, ma il 30 aprile. Una decisione che spinge la Juve a congelare l’affare Platini e a concentrarsi su Boniek. Pietro Giuliano, il direttore generale della Juve, braccio destro di Boniperti, vola a Varsavia. È una trattativa estenuante, che riesce a chiudere il 27 aprile. A chi gli chiede conferma dell’operazione, Boniperti a Torino spiega: «Voi che informazioni avete? Bisogna chiedere a Giuliano, non lo sento da due giorni». Boniek è preso, il presidente della Juve non si ferma. Ha ricevuto una nuova telefonata dall’Avvocato, che gli dà il via libera per Platini: «Ho letto sull’Équipe che è davvero in vendita. Prendiamolo subito». Mancano tre giorni alla chiusura del mercato. Il 28 aprile, Boniperti, già in movimento da giorni, sparisce. Vola a Parigi e incontra un’altra volta Genestar. Aspettano anche Giuliano, che però non riesce ad arrivare per una questione di coincidenze aeree e che ha tutto il tempo per depositare il contratto di Boniek. Telefonano a Platini, impegnato in serata in Francia-Perù, «perché dobbiamo chiudere in due giorni». Poche parole: «Ci vediamo venerdì a Torino per il contratto». Boniperti rientra a casa, fa sapere che la Juve ha chiuso il suo mercato, con l’acquisto di Boniek: «Siamo a posto così». Invece va un’altra volta dall’Avvocato per vedere Francia- Perù, sapendo di avere Platini in tasca.

Il 29 aprile, le luci della sede juventina si spengono a mezzanotte: Boniperti, Giuliano e Trapattoni hanno parlato per ore dell’operazione, da rendere pubblica non prima del 3 maggio (meglio se a metà mese), perché la Juve è impegnata nello sprint scudetto con la Fiorentina e non è facile spiegare a Brady che a fine stagione dovrà lasciare. Venerdì 30 aprile, all’alba, Platini lascia St.Etienne e alle 8 è all’aeroporto di Lione, dove incontra Genestar e Philippe Piat del sindacato calciatori francesi; alle 10 è nell’ufficio di Boniperti e Giuliano, in riva al Po, comincia una trattativa che va avanti per sette ore e che non è per niente semplice, perché c’è da stabilire la cifra esatta da versare al St.Etienne in base al parametro definito dalla Federcalcio europea (Platini è un giocatore a fine contratto); ci sono alcune clausole di difficile interpretazione; c’è da trovare l’accordo economico con il giocatore (400 milioni di lire al primo anno, 440 al secondo) e l’intesa sulle partite da giocare con la Francia. Si muove Platini, chiama il presidente del St.Etienne, Rocher, e ottiene il via libera, in cambio del versamento di 1.280.000 franchi. Alle 17, l’operazione si chiude. Brindisi finale (spumante), Boniperti raccomanda a Platini di tagliarsi i capelli («e se poi perdo le mie forze?»), poi accompagna Platini, Genestar e Piat a Caselle. Guida lui, per essere certo di non essere intercettato da nessuno. Invece il «Telefono rosso» di Europe 1 gli sta rovinando i piani. È il programma in cui gli ascoltatori si improvvisano investigatori per vincere un premio di 500 franchi. Qualcuno ha visto Platini; Eugène Saccomano dà l’annuncio alla radio. La Juve non può più tenere nascosta la notizia. Brady va in sede e alle otto della sera scopre di dover lasciare la Juve. Boniperti si commuove: «È il calcio, è la vita». Insieme, in cinque anni la Juve e Platini arriveranno in cima al mondo.

Tratto dal Corriere della Sera on line
Fabio Monti
05 agosto 2010

mercoledì 4 agosto 2010

Fà caldo...maremma maiala!....



Aria condizionata per i maiali

Un allevatore della provincia di Lodi ha installato dei condizionatori per i suoi animali: "Quattro bocchettoni che portano la temperatura a 28 gradi. In questo modo si evita il crollo della fertilità, che può raggiungere anche il 30%".


Lodi - Fa caldo, non è una novità. I più fortunati sono al mare, o in montagna (o al lago). Gli altri si consolano con l'aria condizionata o, se non ce l'hanno, con un buon ventilatore e magari qualche bibita fresca, gelati e anguria a volontà. A soffrire per l'afa sono tutti. Animali compresi. Qualcuno ha pensato bene di dare un po' di refrigerio anche ai maiali. Negli allevamenti italiani di suini, infatti, sono arrivati i condizionatori. Come quelli che Marco Lunati, 33 anni, allevatore di Mairago, in provincia di Lodi, ha installato per rendere più sopportabile ai suoi animali il caldo di quest’anno.

Meno di 28 gradi "Quando a luglio si viaggiava sui 34 gradi - racconta Marco - i miei maiali stavano al chiuso con meno di 28 gradi". A garantire un’estate fresca alle 600 scrofe e ai 3mila lattonzoli dell’allevamento sono quattro bocchettoni che aspirano l’aria calda delle stalle e, dopo averne presa di nuova dall’esterno e averla climatizzata, la immettono nell’allevamento.

Evitato crollo fertilità "In questo modo - spiega l’allevatore - abbiamo evitato il crollo della fertilità, che in pianura padana arriva anche al 30% nei momenti di caldo peggiore". Lo scorso mese di luglio, spiega la Coldiretti citando dati del Cnr di Bologna, è stato il sesto più torrido degli ultimi 200 anni e le temperature medie sono state superiori di più di due gradi rispetto a quelle del periodo 1961-1990.

Il precedente Fu dopo l’afosa estate del 2003 che Andrea Cristini, vice presidente di Coldiretti Brescia e allevatore di suini a Isorella, in provincia di Brescia, decise di utilizzare i primi impianti di raffrescamento per i suoi 750 maiali. "Sono dei radiatori ad acqua corrente - spiega l'allevatore - grazie ai quali riusciamo a ottenere un calo di 4-5 gradi della temperatura interna dell’allevamento. Ne abbiamo uno per ogni sala di gestazione e uno per ogni sala parto, per evitare che il troppo caldo stressi gli animali".

Marea Nera: finalmente c'è il tappo......mancano i tarallucci e il vino....



Fermata la marea nera Bp: operazione riuscita Il pozzo ora è tappato

L'operazione "Static Kill" è riuscita: la falla nel Golfo del Messico è stata tappata con l'iniezione di cemento e fango che ha spinto il petrolio nel bacino sottostante, a 4mila metri sotto la superficie marina.

New Orleans - La bella notizia finalmente è arrivata. L’operazione "Static Kill" è riuscita e il pozzo sottomarino da cui si è sprigionata la marea nera nel Golfo del Messico è stato chiuso. Lo ha riferito la Bp. La falla petrolifera che ha causato il disastro ambientale nel Golfo del Messico è stata tappata con l’iniezione di cemento e fango che doveva spingere il petrolio nel bacino sottostante, un deposito situato 4mila metri sotto la superficie marina. Un'operazione che non era mai avvenuta a tali profondità.

martedì 3 agosto 2010

Calcio moderno...ossia SOLO BUSINESS....ma non mi piace proprio per niente...



Vaticano contro il calcio: "La partita delle 12,30? Un'invasione di campo"

La Chiesa critica il nuovo orario della partita della domenica in serie A: "Il fischio d'inizio alle 12,30 è deleterio per le famiglie. Religione da tutelare". Ma i vescovi sono divisi.


Il problema non è di semplice risoluzione: che cosa è più sacra alla domenica? La santa messa o la partita di pallone?

Il dubbio poco amletico riguarda il popolo italiano tutto, quello che era abituato, una volta, a conciliare i due appuntamenti, al mattino in chiesa, al pomeriggio allo stadio, intervallati dall’acquisto del quotidiano e delle figurine all’edicola e dalla visita in pasticceria per dolciumi e bottiglia di spumante.

Ma adesso bisogna scegliere, facendosi il segno della croce. Il famoso «spezzatino» disturba e cambia le buone abitudini domenicali, alle ore dodici e trenta la messa è appena finita ma la partita va ad incominciare, ergo delle due l’una, o si va in chiesa con la tromba e la bandiera per poi svignarsela di corsissima in curva oppure si diserta la trinità e si sceglie il quattroquattrodue. Non è roba da poco per un paese tutto casa, chiesa e pallone. Finito il tempo degli oratori, dove almeno si serviva messa dopo aver giocato sul campo polveroso del cortile sotto il campanile, ecco il tempo dei calendari, poco gregoriani.

Il business manda a ramengo riti e cerimonie, diventa complicato sposarsi a quell’ora lì del calcio d’inizio, anche le comunioni debbono slittare a data da destinarsi, facendo attenzione alla champions e alla tim cup che hanno le loro scadenze. Non c’è più religione, si usa dire, e mai come in questo momento l’affermazione è come il cacio, anzi il calcio sui maccheroni.

Ormai si gioca sempre e comunque, di pomeriggio, di sera, all’ora di pranzo, non c’è giorno vacante della settimana, sono in evidente crisi i calendari con le pupe ignude, vanno come il pane i calendari della stagione agonistica, consultati continuamente per non perdere di vista la partita giusta, all’ora sbagliata. La religione arretra, nonostante le forme di esibizionismo dei prodi calciatori, vedi la croce tatuata sul petto e sul braccio di campioni e brocchi uniti nell’epigrafe, il crocefisso al collo su lacerti poderosi, quelli che prima e dopo un gol si segnano come all’ingresso in basilica, quelli che rivolgono lo sguardo al cielo non per vedere se piova ma per ringraziare il Signore o simile, insomma un esercito di pellegrini nel santuario detto stadio.

Ma non serve, non basta, il business prevale sulla fede. La famiglia si divide, la multivision non è soltanto una formula commerciale proposta da alcune emittenti, è diventata proprio una forma di esistenza quotidiana, di qua il padre, di là la madre, di sopra il figlio, di sotto la sorella, al momento del pranzo o della cena scatta l’ora X: spaghetti o calcio d’inizio? Rita Pavone, lo segnalo ai contemporanei, cantava «perché perché la domenica mi lasci sempre sola per andare a vedere la partita, di pallone?». Erano i favolosi anni Sessanta (per l’esattezza millenovecentosessantadue), la tivvù si limitava a resoconti serali e prenotturni, la radio lasciava sognare e immaginare, la chiesa aveva i suoi bravi e buoni fedeli, lo stadio anche, non era il caso di sveltire la messa, c’era tempo per tornare a casa, pranzare e quindi andare alla partita, senza fidanzata o moglie.

Adesso la giornata è piena, gli stadi semivuoti, la Chiesa protesta non tanto per l’orario ma per l’invasione di campo, di sacrestia, di casa, una specie di hooliganismo organizzato e autorizzato, invece di rompere le vetrine si sgretolano le famiglie e le sacre abitudini. Comunque anche in Vaticano i pareri sono discordanti, c’è la curva nord, per voce di monsignor Carlo Mazza, già direttore dell’ufficio nazionale della conferenza episcopale, che censura il calendario spalmato e la curva sud per voce di don Alessio Albertini che invoca la coscienza e il buon senso personale di ogni fedele. Dietro questo parere si cela, tuttavia, un conflitto di interessi, Alessio è fratello di Demetrio, già campione del Milan e oggi vicepresidente della federcalcio.

Non c’è più religione. Al grido di viva il parroco ognuno farà come vorrà, tanto il Signore, dall’alto dei cieli, non avrà bisogno della prova tivvù.

Tratto da il Giornale on line del 03 Agosto 2010 di Tony Damascelli.