Malati di Twitter e di Facebook
Torna la generazione Rigby, sola come negli anni '60. E ossessionata.
Hanno 18-25 anni. Vivono un mondo a parte. Una ricerca lancia l'allarme: «Schiavi della solitudine»
MILANO - Altro che «generazione di fenomeni», come cantavano gli Stadio. In realtà, i ragazzi di oggi sono più sul genere Eleanor Rigby (la canzone dei Beatles, contenuta nell’album Revolver del 1966, che è un inno alla solitudine come condizione esistenziale, dove le persone restano sole pur essendo vicine le une alle altre) e la colpa sarebbe dei social network come Facebook e Twitter, definiti una vera e propria «ossessione», che portano i giovani a tagliar volutamente fuori dalle loro vite amici e parenti.
LA RICERCA - A lanciare l’allarme sono stati gli esperti della Mental Health Foundation che, partendo da argomentazioni scientifiche e basandosi su un sondaggio svolto su 2.250 britannici, hanno tratteggiato uno scenario per certi versi preoccupante della Lonely Society : un mondo a parte, dove i ragazzi fra i 18 e i 24 anni sono i più esposti alla solitudine, con una percentuale due volte superiore agli over 55 che, fino a poco tempo fa, si ritenevano i più a rischio. In pratica, un giovane su tre (il 31%) ha ammesso di passare troppo tempo a comunicare via web con persone che, invece, si dovrebbero vedere dal vivo. «Internet non è la radice del problema» – ha voluto precisare il dottor Andrew McCulloch, amministratore delegato della charity, al Daily Mail – ma può sicuramente contribuire ad aggravare la situazione. Incontrare le persone online o parlare con loro via mail o chat non significa avere una relazione vera e propria e, soprattutto, questo tipo di rapporto non permette di ottenere la stessa reazione che si avrebbe incontrandosi dal vivo».
ANSIA DA CONTATTO PERENNE - In sostanza, la tendenza a ricorrere ai social network per stare in contatto con il resto del mondo va oltre il tradizionale concetto di socializzazione, creando, appunto, una generazione di «Eleanor Rigby», dove ognuno è schiavo della propria solitudine. «Il contatto umano nutre corpo e mente – ha spiegato il responsabile della politica della fondazione, Simon Lawton-Smith – e il modo in cui viviamo ora è la prova che di questi contatti umani ne stiamo avendo sempre di meno. Internet può essere fantastico per tenerci in contatto con chi ci sta a cuore e magari si è trasferito dall’altra parte del globo, ma occorre trovare un giusto equilibrio». E mentre un intervistato su nove ha rivelato di sentirsi solo (con le donne in netta superiorità rispetto agli uomini), uno su tre si è, però, detto «troppo imbarazzato per ammetterlo». Ma non pensate che il problema sia solo inglese. Un sondaggio online dell’Associazione Europea Disturbi da Attacchi di Panico su 800 persone fra i 20 e i 75 anni ha, infatti, evidenziato come il computer sia ormai diventato una sorta di «droga» per il 70% degli italiani intervistati, che lo usa almeno due ore in più al giorno rispetto al normale lavoro. «La sensazione è quella di trovarsi di fronte a persone completamente dipendenti dai pc – ha spiegato Paola Vinciguerra, presidente dell’Eurodap, nel report a corollario dell’indagine – e l’uso eccessivo di chat, social network , sms e mail può generare comportamenti ossessivi, ansia e depressione.
CO-RUMINATION - In America è stato coniato il termine “co-rumination” per indicare la necessità ossessiva di condividere ogni nostro movimento o pensiero e malgrado rapporti che sembrano numerosi, da un punto di vista numerico, ci diano la sensazione di sentirci meno soli, in realtà non è così, perché si tratta di contatti che non esistono e sono proprio questi finti legami a mantenerci nella nostra solitudine». Una soluzione? Controllare la permanenza quotidiana davanti al computer e regalarsi un giorno sabbatico lontano dalla tecnologia. «Il pc deve servire per stabilire contatti che poi devono diventare reali – ha concluso la Vinciguerra – perché una macchina non può e non deve sostituire le persone».
Tratto dal Corriere della sera on line di Simona Marchetti
25 maggio 2010
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